Al nuovo Mercato Eat and Meet di via Emilia San Pietro Giovanni Salvarani porta la sua ricerca effettuata per le strade di Reggio alla ricerca di scorci e figure che compongono un ritratto urbano inedito, fitto di intuizioni visive, sorprese, enigmi.
Di cosa è fatta una città? D’accordo: palazzi, strade, muri, parchi, negozi, piazze… E poi? Persone (tante persone…), animali (qualcuno libero in cielo; molti, a terra, per lo più al guinzaglio), veicoli, oggetti (alcuni fissi, altri che cambiano posto continuamente…).
La somma, l’accumulo di tutto questo però non basta ancora. La città in fondo è prodotto, risultato esponenziale. Per farla decollare verso un’identità molteplice eppure condivisa servono quegli ingredienti che mettano insieme, facciano scontrare o allontanare le cose, vive o inanimate che siano: scambi, parole, sentimenti, mestieri, azioni, storie che si sviluppano nello spazio e nel tempo e finiscono per consistere in una specie di piccolo universo cui associamo un nome. Può essere comune, “città” appunto, o proprio: Reggio Emilia, ad esempio.
Nel suo progetto “L’urbanauta” Giovanni Salvarani va alla ricerca di quelle occasioni che modulano e creano la città descrivendo condizioni, suggerendo qualcosa che nell’immagine non si vede, scoprendo prospettive inaspettate.
Possibilità, mistero, contemplazione: figure che attraversano una strada, che guardano chissà dove, muri che parlano attraverso i segni che ne popolano la superficie, porte, finestre, soglie che mostrano e allo stesso tempo celano…
Qualcosa di simile a quello che Georges Perec definiva l’infra-ordinario: ciò che è sotto gli occhi di tutti, forma la nostra routine e proprio per questo passa sotto silenzio, tacitamente considerato indegno di diventare letteratura o, nel nostro caso, fotografia.
L’urbanauta fa esercizi di sguardo. In tal modo diventa esploratore, tra i più temerari; quelli cioè che trovano profondità e lontananze nell’immediato quotidiano che ci circonda, assale, blandisce da ogni parte, ogni momento.