Descrizione Progetto:
Straniero/Doxandeem
Questo progetto e’ nato in seno a un altra mia ricerca sui ricordi e sul legame con gli oggetti. Tutto è iniziato in seguito al ritrovamento di alcuni vestitini miei e dei miei fratelli che mia madre aveva gelosamente custodito per quasi 50 anni come memoria della nostra infanzia negli anni 70.
Ho cercato e trovato alcune foto dell’epoca in cui eravamo ritratti con questi abiti.
Successivamente ho deconestualizzato questi abiti “strappandoli” al ricordo di infanzia ritraendoli come semplici abiti cioè oggetti privi di legami e in un secondo momento li ho fatti indossare a dei bambini di una famiglia di immigrati senegalesi che abitano qui nel mio paese dove io fui ritratta 48 anni fa.
Da qui l’idea di fare una riflessione più ampia sull’identità dei nostri paesi italiani che negli ultimi 50 anni hanno visto una considerevole mutazione a seguito di vari processi di immigrazione. La coppia senegalese ritratta , Moussa e Fatu’ hanno 4 figli di cui due nati in Italia.
L’abito può creare un identità? sicuramente un tempo si aveva meno scelta nell’armadio e con gli abiti si creava un forte legame affettivo ed essi identificavano molto bene lo stato sociale di chi li indossava.
L’abito prevale sul corpo e rivela il gruppo e i suoi valori. E’ identità idealizzata?
Moussa: “ faccio parlare senegalese i miei figli quando sono in casa nonostante le maestre ci consiglino il
contrario perché i miei figli nonostante siano nati qui sono considerati stranieri-Doxandeem e se perdono la loro lingua madre e le loro tradizioni saranno considerati stranieri anche in Senegal “.
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