La bellezza: la vita, la morte.
Ho percorso numerose strade per dare voce ad un dolore anonimo. Il dolore di chi non ha altro che un mazzo di fiori di plastica lungo una strada per poter continuare a parlare con chi non c’è più. Un mazzo di fiori di plastica curato con amore, rinnovato, sempre, nel tempo, dall’invincibile amore di chi vuole continuare a dialogare con l’anima di quel luogo perché in quel luogo è ancora viva quell’anima e la sua bellezza nella morte come in vita.
Camminare lungo strade dove la velocità è padrona vuol dire sentirne il pericolo incombente, oggi che la velocità sembra essere l’essenza del vivere. Così è quando dentro la tua “carlinga d’acciaio” ti senti invulnerabile. Ma non lo sei. Non lo eri.
Questo è il senso del progetto, purtroppo virtualmente senza una data nella quale concluderlo perché sembra non avere mai fine, che mostra l’inquietudine della società contemporanea – universale forse – nella quale quel dolore, questo dolore, quando non ci riguardi direttamente, è solo un dolore degli altri, e non della società stessa nella sua interezza. Quella società che “siamo noi”.