La società ha sempre cercato di classificare i vari comportamenti dell’uomo, dell’individuo singolo o di un’intera classe sociale; siamo sempre stati indirizzati ad eseguire ciò che ci veniva richiesto, nei tempi e nei modi prestabiliti, secondo regole non sempre scritte ma che rappresentava “la normalità della vita sociale”.

Nel caso in cui avessi qualche abitudine non consona alla società, ti comportassi in modo diverso rispetto alle persone considerate “normali” o dicessi anche solo qualcosa che non era in linea con il pensiero di quel momento storico in particolare, avresti potuto rischiare facilmente di finire in una “casa per matti” o “manicomio”.

Al culmine del loro utilizzo, nei manicomi vennero accolte moltissime tipologie di persone, tra cui vagabondi, prostitute, visionari e tutte quelle persone che furono definite anormali, per il semplice motivo dell’essere schierate al di fuori della società costituita.

 

Nel manicomio di Volterra, in Toscana, una famiglia di Sardi sbarcati a Lerici venne internata per una settimana per la semplice mancanza di lessico italiano, ma l’unico modo di esprimersi era il loro dialetto più stretto, le persone non li compresero ritenendoli matti e la loro vita cambiò per sempre. C’è una frase in particolare, ritrovata sul muro al Manicomio di Volterra, scritta da un ricoverato:” Qui dentro il 10% di noi muore per scosse elettromagnetiche indotte. Il 40% per cure sbagliate. Ed il 50% per carenza d’affetto“.

Nel manicomio di Voghera, in Piemonte, vi era un reparto dedicato esclusivamente ai bambini, nel quale vennero rinchiusi per svariati motivi tra cui l’essere orfani, ritardo del linguaggio, nati con qualche handicap o più semplicemente da una madre che si vergognava di averli dati alla luce.

Nel manicomio di Colorno, in provincia di Parma, furono proprio degli studenti che fecero tirocinio all’interno della struttura a denunciare i barbari metodi di cure che vennero utilizzati. Arrivarono persino ad occupare il manicomio per diversi mesi come forma di ribellione e fu proprio nel periodo in cui era direttore Franco Basaglia che capì l’importanza di redigere una legge a favore della chiusura delle strutture di ricovero.

Nella nostra Reggio Emilia, sorgeva uno dei più grandi centri psichiatrici d’Italia, il San Lazzaro, nacque come lebbrosario ma si trasformò in fretta in ospedale psichiatrico. L’istituto diventò una vera e propria “cittadella”, comprendeva tante strutture in cui venivano smistati i malati, tra cui uomini, donne e bambini. Lì non importava che tu fossi davvero malato o presentassi solo qualche caratteristica da correggere, l’importante era fare numero e mostrare che la struttura funzionasse. Uno dei direttori volle renderlo, oltre che ospedale psichiatrico, anche centro di ricerche sulla psicologia sperimentale.

 

Le cose ad oggi non sono cambiate così tanto, non esistono più i manicomi o “case dei matti” e le “cure” che venivano utilizzate sono state definite barbare ed abolite. Nel nostro tempo esistono ancora discriminazioni di vario genere: il giudicare chi ha un pensiero diverso dalla massa, l’emarginazione di persone catalogate per colore di pelle, religione, idee politiche o ancor più semplicemente per un modo di esaminare gli eventi diverso dalla massa. L’unica differenza rispetto al passato è che adesso non si possono rinchiudere queste persone dentro quattro mura per curarle facendole torturare; anche se attraverso la parola, verbale o scritta si possono tormentare psicologicamente le persone che non si ritengono adatte alla società attuale o ad un ideale che ci è stato inculcato.

Si parla spesso di evoluzione umana, di innovazione, di scoperte ma se mentalmente resteremo aggrappati al giudizio verso il prossimo, alla cattiveria ed alla superbia non si evolverà nulla, anzi andremo sempre più verso la fine.

Chiara Nizzoli, nata a Montecchio Emilia il 21 Giugno 1995. Mi sono appassionata alla fotografia grazie a mio padre, che mi ha avvicinato ad essa sin da piccola. Ho studiato agraria e sono sempre stata appassionata alla natura, viaggi ed animali; sin da piccola ho praticato equitazione e sono 13 anni che mi prendo cura del mio cavallo. Ho lavorato per tre anni in un vivaio dove ho imparato e coltivare le piante e attualmente sono 3 anni che lavoro da Fiorista Cilloni come fiorista ed addetta alla cura delle piante. La fotografia mi accompagna in ogni mio viaggio e giorno della vita quotidiana.

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