La nostalgia del conforto, o solastalgia, è quel sentimento che si prova quando un ambiente a noi familiare subisce mutamenti repentini che sfuggono al nostro controllo. E’ la “nostalgia di casa pur essendo a casa” come l’ha definita Glenn Albrecht, filosofo che ha coniato il neologismo.
Se il termine solastalgia è stato fin da subito associato alla minaccia del cambiamento ambientale, la nostalgia del conforto è anche quella che si prova quando perdiamo i nostri punti di riferimento. Perchè se casa è la terra che abitiamo, lo sono ancor di più quei legami alle piccole cose e alle abitudini che caratterizzano la nostra vita fin dall’infanzia e che contribuiscono a conferirci unicità.
Perché tutto ciò che ci circonda lascia in noi il segno di un passaggio, finchè non lo cancelliamo.
Travolti dalla metamorfosi globalizzante, infatti, viviamo nel costante sforzo di uniformarci ad un unico modello performante, anche a costo di ripulirci dai nostri connotati affettivi. Ma il rischio è di ritrovarci omologati a quel modello, senza più riconoscerci.
In bilico tra desiderio di evoluzione e bisogno di conservazione, sono proprio quei legami che decidiamo di non cancellare che diventano matrice della nostra autenticità, quegli elementi sensoriali e affettivi capaci di far scattare in noi un cortocircuito emotivo in grado di traghettare il nostro passato personale in un futuro collettivo.
Ecco, allora, che i legami al nostro mondo saranno in grado di restituirci quel conforto che ci farà sentire a casa anche lontani da casa. E saranno sempre quei legami a permettere di riconoscerci, come un faro per ritrovare sé stessi anche quando i confini saranno dissolti e le identità confuse.